Un’ondata di polemiche travolge il concorso per 33 posti di assistente sociale bandito dai Comuni di Palermo e Monreale. Il concorso, che offriva un numero significativo di posti (30 a Palermo e 3 a Monreale), ha attirato centinaia di candidati il 6 novembre scorso presso l’edificio 19 dell’Università di Palermo. La prova scritta, composta da 40 domande (20 di diritto amministrativo, pubblico e degli enti locali, e 20 di psicologia della comunità, pedagogia e principi e fondamenti del servizio sociale), avrebbe presentato diverse irregolarità secondo quanto si legge sul quotidiano La Repubblica.
Secondo le testimonianze di alcuni candidati, come Gabriele Pedone, la prova, che doveva iniziare alle 9:30 con una durata di 90 minuti, è partita con oltre due ore di ritardo. Inoltre, per almeno mezz’ora, alcuni candidati avrebbero potuto consultare smartwatch e telefoni cellulari, compromettendo la regolarità della prova. A La Repubblica Katiuscia Filangeri conferma la presenza di candidati che consultavano i propri dispositivi.
Ma l’aspetto più controverso riguarda le 20 domande relative alle materie specifiche, che, secondo i candidati, vertevano su psicologia sociale e non sulle tre materie previste dal bando. C’è chi lamenta che i candidati non avevano studiato i casi e gli esperimenti presenti nelle domande, argomenti tipici della psicologia sociale, generando confusione. Si ipotizza che ci sia stata una confusione con i test preparati per un altro concorso, quello per 4 posti di EASA (Esperti dell’Area Socioassistenziale), che prevedeva domande di psicologia sociale.
Ulteriori perplessità riguardano la fase orale del concorso. Dei 154 candidati ammessi, ognuno avrà a disposizione solo 12 minuti per il colloquio. Inoltre, la commissione esaminatrice non include alcun assistente sociale, ma solo funzionari dei Comuni e docenti universitari. Infine, i candidati lamentano che i verbali della commissione non riporterebbero le proteste presentate durante la prova scritta, un fatto che ha spinto molti candidati a rivolgersi a legali per tutelare i propri diritti.