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Onofrio Fileccia, sacerdote monrealese amante della natura e dall’animo buono

scritto da Redazione
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Un monrealese apprezzato per la sua bontà, per il suo impegno a favore dei più fragili e per il suo interesse per la natura.  Un personaggio monrealese che non può essere dimenticato è Mons. Onofrio Fileccia. Il sacerdote monrealese morì il 21 novembre 1960, all’età di 68 anni, lasciando un profondo segno nella comunità monrealese e alcuni scritti che arrivano a noi attraverso il fondo moderno della Biblioteca Ludovico II De Torres del Seminario di Monreale.

Del sacerdote monrealese ne parla in un interessante articolo di Marzia Sorrentino pubblicato dal Giornale Giornotto.

Onofrio Fileccia era un cultore del bello che proveniva dalla natura. Come si legge su Giornotto, nato a Monreale l’8 maggio 1892, nel 1931 fu nominato Rettore della Chiesa di Santa Rosalia fuori le mura di Monreale e Canonico del Capitolo Metropolitano della Cattedrale. Forgiato alla scuola di Mons. Fiorenza, del Millunzi e del Canonico Teologo Damiani – come si legge nel suo Elogio funebre – si distinse per la sua bontà d’animo, che lo portò a operare per il bene non solo dei parrocchiani e dalla gente della contrada di Santa Rosalia, ma anche verso i meno abbienti della sua città, per i giovani e gli orfani; per loro, infatti, si recò anche in varie città d’America, al fine di raccogliere fondi per realizzare un progetto altamente sociale, quale la fondazione dell’orfanotrofio di Santa Rosalia, intitolato al Pontefice Pio XII.

Un raro opuscolo, che si trova all’interno del fondo moderno della Biblioteca Ludovico II De Torres del Seminario di Monreale, dal titolo “Monografia su una pianta di Citrus suntara o mandarino amaro esistente nella villa dell’ex Monastero dei Benedettini di Monreale”, è opera del sacerdote monrealese.

Dalle sue ricerche desume che proprio grazie ai rapporti più o meno stretti dei monaci benedettini di Monreale con i missionari d’Oriente, la cultura di questa particolare pianta abbia avuto inizio nella villa del monastero, per poi diffondersi tra i giardini nobiliari della Conca d’oro.

Nel 1924 la sua diffusione era una vera rarità tanto da destare la curiosità del sacerdote monrealese, che non solo ne descrive minuziosamente la struttura arborea, dalle foglie, ai frutti, alla sua impollinazione e innesto, ma correda il suo raro ed esaustivo opuscolo di due carte di tavola con i disegni delle foglie e del frutto da lui stesso realizzati.

Per l’articolo completo vi invitiamo a leggere l’edizione di Gennaio Febbraio di Giornotto. Foto da Archivio Storico Diocesano – Fondo Manno. 

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